Come ci sono finito? Attraverso il prof di un corso che sto seguendo sono stato messo in contatto con un ex-diplomatico in pensione che mi ha invitato a trascorrere un paio di giorni da lui per consultare la sua biblioteca, in cerca di materiale interessante per la mia tesi. Così giovedì mi sono messo in viaggio assieme a una comitiva del tutto "singolare": oltre a me, c'era Christopher Jones, studioso di politica di sicurezza sovietica e russa della University of Washington, il prof che mi ha procurato l'aggancio e che mi ha anche offerto un passaggio. E poi, ciliegina sulla torta, un fisico nucleare russo suo amico di nome Victor venuto a tenere un corso alla UW sul regime di non proliferazione nucleare!
Superato un minimo di imbarazzo iniziale il viaggio è trascorso molto bene, anche perché i vari panorami che si scorgevano dal finestrino erano estremamente attraenti. Di tanto in tanto il prof ha fatto delle soste nei punti più interessanti del tragitto. Abbiamo attraversato un paesino che sembrava proprio il set ideale per un film Western.

E in ogni Western che si rispetti non possono certo mancare gli indiani. Siamo passati vicino a un paio di riserve, ma purtroppo non avevamo tempo per fermarci (prima o poi un giro me lo faccio!). Sono riuscito a scorgere solo qualche segno della presenza degli originari abitanti del Pacific Northwest.

Prima di arrivare a Sequim un'ultima tappa sul mare. La costa lungo lo stretto che separa lo stato di Washington dall'isola di Vancouver è terribilmente ventilata e la spiaggia è ricoperta dai tronchi degli alberi abbattuti dal vento.


All'ora di cena (le 5!) abbiamo finalmente incontrato i nostri ospiti, James Huntley e sua moglie Colleen, che ci hanno offerto un'abbondante mangiata a base di pesce. Jim, come vuole essere chiamato, ha servito in marina durante la seconda guerra mondiale e la guerra di Corea. Avendo sperimentato di persona la guerra ha maturato una specie di vocazione a promuovere la pace tra i popoli. Dopo il congedo ha lasciato l'azienda paterna ed è entrato in diplomazia. Il dipartimento di Stato l'ha fatto studiare ad Harvard, dove ha preso un master in relazioni internazionali, dopodicché ha lavorato come diplomatico in Germania negli anni cruciali della ricostruzione postbellica e della nascita della Comunità Europea. In quel periodo ha iniziato a rincorrere la grande utopia della sua vita: l'idea di una comunità di tutte le democrazie occidentali che fungesse da guida per il resto del mondo allo scopo di favorire la pacificazione delle relazioni internazionali e la diffusione dei regimi democratici di libero mercato. Dagli anni cinquanta ha fondato organizzazioni non governative e collaborato con istituti di ricerca con l'obiettivo di lavorare al suo progetto di "Pax Democratica". Ha diretto tra l'altro l'Istituto Atlantico di Parigi e l'Atlantic Council of the United States di Washington, il più autorevole istituto americano che si occupa d relazioni transatlantiche.
Oggi ha 85 anni e una salute che gli gioca un po' di brutti scherzi. Ma mantiene una voglia di vivere da ragazzino e una incredibile proiezione verso il futuro. Lo ha dimostrato nelle ore e ore che ha trascorso con noi conversando degli scenari intenrnazionali che si profilano con le prossime elezioni americane, delle prospettive di democratizzazione della Russia e di un sacco di altre cose.
La sua biblioteca è risultata utile alle mie ricerche. Ma molto di più mi ha attratto sentirlo raccontare della sua vita. Ritorna sempre su uno dei "miracoli" dell'integrazione europea: la riappacificazione di tedeschi e francesi che per secoli si sono scannati a vicenda. E ogni volta si commuiove, così come qualche lacrima spunta quando racconta del sen. Cabot Lodge jr., di cui è stato collaboratore, e che hanno fatto saltare in aria in una camera d'albergo.

Colleen, moglie di Jim, non è stata meno premurosa e accogliente... Mentre ero in biblioteca veniva ogni dieci minuti: "Tutto ok?", "Vuoi una tazza di the?", "A che ora vuoi mangiare?". Insomma, posso dire di essere stato trattato coi guanti bianchi. Avevo persino un piccolo "appartamento" in un'ala della casa che riservano per gli ospiti.

Dulcis in fundo, prima di andare via ho avuto in regalo una copia delle memorie di Jim, con tanto di dedica!
Ci sarebbero diversi elementi da sottolineare nella mia piccola esperienza. Credo che difficilmente un professore universitario italiano si metterebbe a scarrozzare uno studente straniero semisconosciuto con la sua macchina. Né tantomeno un diplomatico italiano ospiterebbe un ragazzo conosciuto per mail. Jim si è scompisciato di risate quando gli ho detto che molti ambasciatori in Italia continuano a farsi chiamare "Eccellenza"!