Giorgio

Giorgio
Questo sono io in versione escursionista

lunedì 18 febbraio 2008

THE PRESIDENTS DAY

Con tutte queste festività civili mi sembra di essere nell'impero romano piuttosto che negli Stati Uniti. Oggi, terzo lunedì di febbraio, si festeggia il Washington's Birthday, chiamato confidenzialmente Presidents' Day (o "Presidents Day", nella forma più comune coll'attributive noun invece del genitivo sassone). Si commemora cioè la nascita di George Washington e si celebrano i presidenti degli USA in generale. Ecco un nutrito gruppo di studenti in silenziosa adorazione attorno alla statua del pater patriae nel campus.


Per me, la cosa più importante è che oggi non c'è stata scuola e, soprattutto, che ha fatto una giornata splendida e ho potuto concedermi una lunga passeggiata in bici. Sì, perché anche il tempo ha voluto omaggiare il ricordo di Washington con tre giorni di sole e temperature miti, che io ho sfruttato consumando i copertoni della mia bici (non so da quanto tempo non riuscivo a biciclettare tre volte in tre giorni)!
L'altro ieri ho fatto anche una passeggiata a Downtown. Cercavo l'ufficio della British Airways per sbrigare alcune cose. Peccato che l'indirizzo indicato sul sito internet è vecchio di almeno cinque anni... In compenso, ho fatto un giro al Pike Market, un mercato coperto enorme che offre merci di tutti i tipi e da tutte le parti del mondo. Ovviamente, trattandosi di una città di mare, il pesce la fa da padrone. Questa bancarella è particolarmente famosa. I venditori urlano come dei matti e si passano i pesci al volo (per cui ogni tanto può capitare di trovarsi nella traiettoria di un'orata o una cernia).


Ho pranzato in un localino francese con una crêpe aux épinards et jambon, dopodicché ho trovato un negozio italiano in cui ho fatto scorta di mozzarella, prosciutto crudo ecc. (se solo abitassi lì vicino...).

Attorno al Pike Market ci si imbatte in una fauna umana, per così dire, molto interessante. Tutta la parte di Downtown vicino al mare è popolata da una gamma di soggetti più o meno assurdi (tipo uno ubriaco a mezzogiorno che conversa amabilmente con un lupo disegnato sul muro)... Diciamo che De André avrebbe trovato parecchie fonti di ispirazione per le sue canzoni passeggiando sulla First Avenue di Seattle. Tra gli incontri più interessanti che ho fatto, vi segnalo questo pianista piazzatosi col suo strumento all'incrocio tra Pike Street e la 1st Avenue (notare l'adesivo "Impeach Bush" sul piano e i due tipi che registrano col microfono).


Anche la visuale che si gode sul lungomare è molto affascinante, sia verso l'oceano che verso l'interno. Spero che il meteo vada migliorando con l'avvicinarsi della primavera e di essere un po' più libero, così da avere tempo di girarmela tutta questa città.



Vi lascio con un'altra piccola nota di colore. Seattle è la porta degli Stati Uniti verso l'estremo Oriente e la University of Washington è strapiena di studenti con gli occhi a mandorla (giapponesi, coreani, cinesi, taiwanesi, vietnamiti ecc.). La UW Korean Students Association ha organizzato una specie di giornata dell'orgoglio asiatico, pubblicizzata da un sacco di graffiti sparsi per i muri e i pavimenti del campus. Questo qui si trova sulle scale proprio al di sotto della statua di Washington.

Chissà di cosa parleranno, quasi quasi faccio un salto...

sabato 9 febbraio 2008

HO VISTO UN CAUCUS!

Non solo in Italia è tempo di elezioni. Il tour delle primarie in vista delle presidenziali statunitensi di novembre procede a pieno ritmo e, dopo il recente Super Tuesday che ha lasciato del tutto aperti i giochi in campo democratico, questo weekend ha fatto tappa in Lousiana, Washington e Nebraska (più Kansas solo per i repubblicani). Ovviamente non potevo rinunciare a quest'appassionante puntata del duello all'ultimo delegato tra Hillary Clinton e Barack Obama, tanto più che nello stato di Washington si vota col sistema del caucus, che prende il nome da antiche assemblee delle tribù indiane. In poche parole, gli elettori si ritrovano nella polling station e ognuno firma a favore del candidato prescelto o come "indeciso". Quindi si apre il dibattito, chi vuole può intervenire e spiegare le ragioni che lo spingono a sostenere un candidato piuttosto che un altro. Ognuno ha tempo fino alla chiusura del seggio per cambiare idea e, se ritiene, modificare la preferenza espressa all'inizio. Dopodicché si assegnano i delegati "in palio" in ciascun seggio proporzionalmente ai voti ottenuti da ogni candidato. Ero troppo curioso di assistere a un'assemblea del genere, così mi sono infiltrato nella polling station democratica allestita nella piscina del Greenlake Community Center, vicino casa mia.


Per la cronaca, nella mia sezione (mia per modo di dire, visto che ovviamente non potevo votare) hanno votato 111 persone. Ha stravinto Obama che ottenuto 94 preferenze, per cui dei 7 delegati assegnati al seggio, 6 sono andati a Barack e uno alla Clinton. La cosa più divertente è stata, si capisce, il dibattito.


Come prevedibile i più agguerriti sono stati i supporters di Hillary, che hanno cercato a tutti i costi di convincere qualche obamiano a cambiare idea, migliorando così il misero bottino di 17 voti racimolato dalla senatrice. Devo dire però che la discussione è stata assolutamente civile e pacata, quasi tutti gli interventi sono stati sensati e interessanti e venivano accolti ognuno con un applauso... No, dico, vi immaginate come andrebbe a finire una cosa del genere in Italia (meridionale in particolare)? Nel sangue, tipo assemblea di condominio di Fantozzi!


Per primo ha preso la parola un BAMBINO di non più di 12 anni che si è presentato come "volontario del comitato pro Hillary" e ha illustrato tre punti forti del programma della Clinton: 1. riforma del sistema sanitario, 2. tutela dell'ambiente, 3. facilitazione dell'accesso ai colleges per gli studenti. Io assistevo tra il divertito e lo sbigottito. A parte un'altra tipa perdutamente infatuata della senatrice ("She is leal, onest, competent" e altri elogi di questo genere), quasi tutti gli interventi sono stati però per Mr. "Yes, we can". In particolare, secondo i più bisognerebbe votarlo 1. perché non viene dall'establishment dei vecchi politicanti e quindi 2. perché avvicinerebbe molti giovani alla politica e ai democratici, 3. perché risolleverebbe l'immagine dell'America agli occhi del mondo, 4. perché la sua candidatura spiazzerebbe i repubblicani.


Non c'è stata storia. D'altra parte lo stato di Washington è una roccaforte di Barack, che dovrebbe essersi piazzato tra il 65 e il 70%. Tutto il mio vicinato è tappezzato di cartelli "Obama for President" tipo quello nella foto sopra. Alla fine le platforms, come si dice (cioè i programmi), dei due candidati democratici sono molto molto simili e comunque è un peccato dover scegliere tra un candidato nero e una donna. Per quanto mi riguarda, mi tira di più l'idea di un Black President anche perché, dopo 20 anni, sarebbe ora che l'inquilino della Casa Bianca non fosse né un Bush né un Clinton!

Ah, per fortuna mi trovo sulla West Coast o, come la chiamano i maliziosi, la Left Coast... Se invece che alla University of Washington fossi alla University of Oklahoma vedrei girare per il campus magliette con la faccia di Bush stampata sopra o col motto "Reagan Revolution"... Ma per fortuna, l'America è così varia!