Giorgio

Giorgio
Questo sono io in versione escursionista

sabato 28 giugno 2008

AUF WIEDERSEHEN!


Eccomi tornato sul patrio suol... Per la verità sono rientrato già da un paio di settimane, solo che negli ultimi tempi ho perennemente il cervello congestionato per l'accavallarsi di pensieri e impegni vari, per cui ho trascurato un po' il mio blog.

Dopo il soggiorno a Washington D.C. gli ultimi quindici giorni a Seattle sono trascorsi velocemente, tra il rush finale di preparazione agli esami, pratiche da sbrigare prima della partenza, farewell dinners ecc. ecc. Ovviamente avevo voglia di rivedere familiari e amici, ma mi è anche dispiaciuto lasciare la Emerald City che mi ha ospitato negli ultimi nove mesi, il campus della University of Washington, la mia casetta sulla 20th Avenue, i chilometri e chilometri di piste ciclabili, la sagoma del monte Rainier all'orizzonte e, naturalmente, la mia hosting family.

Il giorno della partenza ero particolarmente nel pallone. Le ultime tre ore a Seattle sono state sufficienti per perdere l'assegno che mi aveva dato il negozio a cui avevo venduto la mia amata bicicletta e dimenticare metà bagagli qua e là - un mio zaino ancora vaga per il mondo, perso nei meandri del sistema postale internazionale. Insomma, per fortuna sono andato via, altrimenti avrei fatto più danni in un giorno che nei precedenti ventiquattro anni di vita!

Mi piange il cuore a dover chiudere questo blog. Quando Serena mi ha consigliato di avviarlo ero un po' perplesso sul successo che l'iniziativa avrebbe potuto ottenere. Mai scetticismo fu più infondato: questo sito si è rivelato uno strumento straordinario per mantenere i contatti con gli affetti sparsi sull'altra sponda dell'oceano e anche, perché no, per tenere un piccolo diario della mia avventura americana che - sono sicuro - in futuro mi farà piacere rileggere.

Ma ormai George non è più in the U.S.A. (almeno per ora, eh eh eh...) e il compito del blog può considerarsi concluso. Certo, essendo stato un blogger accanito per mesi, non so se potrò sopportare l'astinenza, perciò non escludo di aprire un nuovo blog a breve. Prima però ho bisogno di un po' di tempo per organizzare questo momento "transitorio" e open-ended della mia vita... Nel caso vi farò sapere.

Per il momento, mille grazie a tutti quelli che hanno inviato commenti ai miei post o che li hanno semplicemente letti. Good luck everybody!

mercoledì 28 maggio 2008

WASHINGTON D.C.

Eccomi dunque di ritorno da un'intensa e piacevole gita "di studio" a Washington D.C. Ho trascorso una decina di giorni spulciando documenti nella Library of Congress per alcune ricerche collegate alla mia tesi. Questi, in sintesi, sono i luoghi principali attorno ai quali ha ruotato la mia vita nell'ultima settimana e mezzo (cliccate sull'immagine per ingrandirla così da poter leggere le etichette).


Giusto il giorno prima di partire da Seattle ho avuto il numero di una signora che affitta camere in centro a Washington così, dopo aver tremato per settimane leggendo i prezzi degli alberghi, sono riuscito a trovare una sistemazione economica e comoda. Ho avuto a disposizione in pratica un intero appartamento nel piano interrato sotto la casa della proprietaria, a due minuti dal campidoglio e, soprattutto, a due isolati dalla biblioteca. Per circa dieci giorni, dalle 8 di mattina alle 5 del pomeriggio, la Library of Congress è stata la mia prigione.


Dico "prigione" perché chiudersi otto ore in una sala di lettura mentre fuori il tempo è splendido, in una città piena di posti interessanti da visitare, è obiettivamente una forma di tortura. Per fortuna, in questa stagione, dopo le 5 rimangono ancora diverse ore di luce da sfruttare e le serate sono comunque tiepide e gradevoli. Così ogni giorno, finito di arrovellarmi sui documenti e ripreso contatto col mondo circostante, me ne andavo a passeggio per il National Mall, il complesso di parchi e di spazi publici nel quale sono disseminati i monumenti e gli edifici storici principali di Washington.
Come ho detto, casa mia era a pochi passi da Capitol Hill, sede del congresso degli Stati Uniti. Un sacco di turisti scambiano l'edificio per la Casa Bianca e, devo confessare con un po' di vergogna, anch'io ci sono cascato all'inizio.


Chissà perché poi, visto che la Casa Bianca non ha la cupola!


Muovendo dal campidoglio in direzione nord si passeggia lungo un parco sterminato. Una prima caratteristica del centro di Washington che impressiona è sicuramente l'estensione degli spazi. Attorno a ogni edificio importane o monumento ettari ed ettari di parchi, fiumi o laghi veri o artificiali. La città è stata costruita ex novo circa duecento anni fa in un'area fino ad allora occupata da qualche fattoria, campagne e poco più. Il complesso del Mall è stato creato a poco a poco negli anni successivi, avendo a disposizione uno spazio enorme. Difficilmente un progetto del genere si sarebbe potuto realizzare, che ne so, a Roma o a Parigi, dove in ogni metro quadrato si affollano e si sovrappongono reperti di svariate epoche storiche.

Allo stesso modo colpisce il gioco di simmetrie e corrispondenze geometriche nell'organizzazione dello spazio. Gli edifici e monumenti principali sono disposti come a formare una croce il cui centro è costituito dall'enorme obelisco eretto come monumento a George Washington.


Ancora un aspetto che salta all'occhio: la magnificenza delle costruzioni. Sembra come se la città fosse stata realizzata consapevolmente allo scopo di impressionare il visitatore, di trasmettere un senso di imponenza. Nulla di sorprendente se si pensa alla superpotenza mondiale che sono gli USA da diversi decenni a questa parte. Diverso però è il discorso se si considerano gli Stati Uniti del 1776, una combriccola di ex-colonie inglesi più o meno sbandate, ma dotate evidentemente di una notevole ambizione e un'idea chiara della propria "missione".
Tutt'intorno al Washington Monument, memorials a volontà: il monumento ai caduti della seconda guerra mondiale, il Vietnam Veterans Memorial, il Franklin Delano Roosevelt Memorial... Il più famoso forse è il memorial dedicato ad Abraham Lincoln.



Edifici governativi, monumeti e memoriali qui hanno pressappoco il valore che in una città d'arte italiana avrebbero le chiese, con i "Fathers of the Country" e gli eroi di guerra al posto dei santi. Insomma, una "religione civile" con lo stato e suoi valori come oggetti di culto. A 45° dal Lincoln Memorial si trova il "tempio" dedicato a Thomas Jefferson, anche questo molto suggestivo.



Sembra tutto una riproduzione dell'antica Roma o dell'antica Atene, vero? Solo che quando Washington è stata costruita l'antica Atene e l'antica Roma non esistevano più ormai da "qualche" secolo... Neoclassicismo sfrenato, la chiamerei quasi "art-fiction", l'ossessione di voler ricreare a tutti i costi un passato mitico che si vuole ripercorrere, il mito dell'impero.
Personalmente mi piacciono di più monumeti più originali e meno retorici, come il Franklin Delano Roosevelt Memorial, di cui purtroppo non ho foto, o il World War II Memorial.


Per concludere la carrellata, ecco tutto il percorso da Capitol Hill al Lincoln Memorial riassunto in una bella panoramica.


Domenica 25, vigilia del Memorial Day, in cui si ricordano i caduti in guerra, il National Mall è stato invaso da un campionario di esemplari dell'America profonda. Sicuramente la parte più funny della mia gita a Washington sono state le iniziative organizzate dagli attivisti POW-MIA, che ogni anno manifestano per il ritorno dei prigionieri di guerra (prisoners of war, POWs) e dei dispersi (missing in action, MIA), soprattutto dal Vietnam e dalla Corea. Ci sono dei matti (e sono tanti!) assolutamente convinti che in Corea e in Vietnam ci siano ancora soldati americani prigionieri o dispersi. Dietro c'è tutta una speculazione da parte di reduci di guerra che diffondono liste false di nominativi per farci qualche soldo. Molti dei presunti POW-MIA, in realtà, sono morti, oppure si sono rifatti una vita in estremo oriente o ancora non sono mai esistiti.
Fatto sta che gli attivisti pro POW-MIA sono tanti e... rumorosi! Ogni anno organizzano una parata in motocicletta davanti al campidoglio e la gente si assiepa lungo la strada per applaudirli.


Proprio dei bei soggettoni!

Ci sarebbero tante altre cose da raccontare, ma mi sono reso conto che ho già scritto troppe sciocchezze, e chi arriva alla fine di questo post merita un premio! Mi limito solo a dire che ho passato delle belle giornate e che, tutto sommato, Washington mi è piaciuta tanto.

sabato 17 maggio 2008

LATITANZA

Salve a tutti! Per i prossimi 10 giorni sarò a Washington D.C. per alcune eccitantissime ricerche presso la Library of Congress, quindi sarò un po' inadempiente rispetto ai miei doveri bloggistici... Però controllerò il blog ogni volta che mi sarà possibile e, soprattutto, al ritorno lo aggiornerò a dovere!
Bye

domenica 4 maggio 2008

SLOW FOOD

Dopo una settimana di fuoco all'insegna dell'influenza e dei midterm exams mi sono concesso una bella domenica rilassante e ho partecipao a un evento gastronomico-naturalistico organizzato da Slow Food in una fattoria ad Arlington, a circa un'ora di macchina da Seattle.



La mia vicina di casa Nina è nel board di Slow Food Seattle e mi ha fatto ottenere uno sconto sulla quota di partecipazione (20 dollari invece che 25) facendomi figurare come membro onorario di SF! Sua figlia Maya, che nelle faccende organizzativo-direttive ci sguazza, ha immediatamente preso posseso della reception. Alla fine circa una novantina di persone hanno preso parte alla giornata.


I proprietari della fattoria hanno offerto dell'agnello allo spiedo preparato secondo procedimenti tutti particolari che non conosco.


Ogni partecipante ha portato qualcosa per accompagnare la carne. Io ho contribuito coi miei amati peperoni, che non facevo ormai da mesi: metà arrosto e metà in agrodolce.



Dopo pranzo escursione nella campagna circostante con esibizione canina. Nel senso che i proprietari ci hanno fatto vedere come portano il gregge al pascolo, con i cani protagonisti assoluti della dimostrazione.



Sono efficientissimi. In pochi secondi riescono a compattare il gregge e a indirizzarlo nella direzione in cui cammina la padrona. E di sicuro non è la loro stazza che impressiona le pecore. Il cane più grosso che hanno in fattoria non arriva al mezzo metro di altezza. Le star della giornata sono stati anzi tre piccoli Corgi che, oltre ad essere la razza preferita dalla regina Elisabetta, si sono rivelati anche eccellenti cani pastore.



Sarebbe ingiusto però attribuire tutto il merito ai cani, trascurando il ruolo fondamentale dell'asino come guida indiscussa del gregge. Non so se ne sia consapevole, fatto sta che lui cammina e le pecore lo seguono ordinatamente passo passo.


Come pure una menzione speciale meritano i lama per il servizio svolto a tutela della sicurezza del gregge.... Proprio così! Sono rimasto a bocca perta quando, passati in rassegna i soliti cavalli, conigli e glline ho visto un recinto di lama. Ma la mia sorpresa è aumentata ancora di più quando ho scoperto perché li allevano. Pare che nelle vicinanze della fattoria vivano parecchi coyote, che di tanto in tanto si lanciano in incursioni negli allevamenti a caccia di agnelli. In un anno possono far fuori una decina di agnellini. Il coyote, però, ha una paura matta del lama, per quanto questo sia completamente inoffensivo, e non si avvicina al gregge se ci sono lama nei paragi.


Insomma, una piacevole domenica in mezzo al buon cibo e alla natura. Stephen ha detto che la gita in campagna, il pranzo dalle tre alle sei di pomeriggio, gli hanno ricordato certi finesettimana trascorsi in Italia. Da bravo terrone abituato a pranzare almeno alle due, anch'io non ho potuto che apprezzare!

domenica 20 aprile 2008

STUDY TRIP TO SEQUIM

Sono reduce da un weekend "di studio" trascorso a Sequim (pronuncia "sqwim"), una graziosa cittadina ai margini dell'Olympic National Park, a circa due ore d'auto da Seattle.


Come ci sono finito? Attraverso il prof di un corso che sto seguendo sono stato messo in contatto con un ex-diplomatico in pensione che mi ha invitato a trascorrere un paio di giorni da lui per consultare la sua biblioteca, in cerca di materiale interessante per la mia tesi. Così giovedì mi sono messo in viaggio assieme a una comitiva del tutto "singolare": oltre a me, c'era Christopher Jones, studioso di politica di sicurezza sovietica e russa della University of Washington, il prof che mi ha procurato l'aggancio e che mi ha anche offerto un passaggio. E poi, ciliegina sulla torta, un fisico nucleare russo suo amico di nome Victor venuto a tenere un corso alla UW sul regime di non proliferazione nucleare!

Superato un minimo di imbarazzo iniziale il viaggio è trascorso molto bene, anche perché i vari panorami che si scorgevano dal finestrino erano estremamente attraenti. Di tanto in tanto il prof ha fatto delle soste nei punti più interessanti del tragitto. Abbiamo attraversato un paesino che sembrava proprio il set ideale per un film Western.


E in ogni Western che si rispetti non possono certo mancare gli indiani. Siamo passati vicino a un paio di riserve, ma purtroppo non avevamo tempo per fermarci (prima o poi un giro me lo faccio!). Sono riuscito a scorgere solo qualche segno della presenza degli originari abitanti del Pacific Northwest.


Prima di arrivare a Sequim un'ultima tappa sul mare. La costa lungo lo stretto che separa lo stato di Washington dall'isola di Vancouver è terribilmente ventilata e la spiaggia è ricoperta dai tronchi degli alberi abbattuti dal vento.



All'ora di cena (le 5!) abbiamo finalmente incontrato i nostri ospiti, James Huntley e sua moglie Colleen, che ci hanno offerto un'abbondante mangiata a base di pesce. Jim, come vuole essere chiamato, ha servito in marina durante la seconda guerra mondiale e la guerra di Corea. Avendo sperimentato di persona la guerra ha maturato una specie di vocazione a promuovere la pace tra i popoli. Dopo il congedo ha lasciato l'azienda paterna ed è entrato in diplomazia. Il dipartimento di Stato l'ha fatto studiare ad Harvard, dove ha preso un master in relazioni internazionali, dopodicché ha lavorato come diplomatico in Germania negli anni cruciali della ricostruzione postbellica e della nascita della Comunità Europea. In quel periodo ha iniziato a rincorrere la grande utopia della sua vita: l'idea di una comunità di tutte le democrazie occidentali che fungesse da guida per il resto del mondo allo scopo di favorire la pacificazione delle relazioni internazionali e la diffusione dei regimi democratici di libero mercato. Dagli anni cinquanta ha fondato organizzazioni non governative e collaborato con istituti di ricerca con l'obiettivo di lavorare al suo progetto di "Pax Democratica". Ha diretto tra l'altro l'Istituto Atlantico di Parigi e l'Atlantic Council of the United States di Washington, il più autorevole istituto americano che si occupa d relazioni transatlantiche.
Oggi ha 85 anni e una salute che gli gioca un po' di brutti scherzi. Ma mantiene una voglia di vivere da ragazzino e una incredibile proiezione verso il futuro. Lo ha dimostrato nelle ore e ore che ha trascorso con noi conversando degli scenari intenrnazionali che si profilano con le prossime elezioni americane, delle prospettive di democratizzazione della Russia e di un sacco di altre cose.

La sua biblioteca è risultata utile alle mie ricerche. Ma molto di più mi ha attratto sentirlo raccontare della sua vita. Ritorna sempre su uno dei "miracoli" dell'integrazione europea: la riappacificazione di tedeschi e francesi che per secoli si sono scannati a vicenda. E ogni volta si commuiove, così come qualche lacrima spunta quando racconta del sen. Cabot Lodge jr., di cui è stato collaboratore, e che hanno fatto saltare in aria in una camera d'albergo.


Colleen, moglie di Jim, non è stata meno premurosa e accogliente... Mentre ero in biblioteca veniva ogni dieci minuti: "Tutto ok?", "Vuoi una tazza di the?", "A che ora vuoi mangiare?". Insomma, posso dire di essere stato trattato coi guanti bianchi. Avevo persino un piccolo "appartamento" in un'ala della casa che riservano per gli ospiti.


Dulcis in fundo, prima di andare via ho avuto in regalo una copia delle memorie di Jim, con tanto di dedica!


Ci sarebbero diversi elementi da sottolineare nella mia piccola esperienza. Credo che difficilmente un professore universitario italiano si metterebbe a scarrozzare uno studente straniero semisconosciuto con la sua macchina. Né tantomeno un diplomatico italiano ospiterebbe un ragazzo conosciuto per mail. Jim si è scompisciato di risate quando gli ho detto che molti ambasciatori in Italia continuano a farsi chiamare "Eccellenza"!

sabato 12 aprile 2008

PICNIC AL MARYMOOR PARK

Dunque, meglio non tornare sull'argomento elezioni... Sabato scorso il tempo era stupendo: sole cocente e temperatura sopra i 20 gradi per tutto il giorno. Finalmente ho potuto regalarmi una piccola gita che avevo programmato per le vacanze pasquali ma che avevo dovuto sempre rimandare a causa del brutto tempo. Così, abbandonati i libri sulla scrivania, mi sono lanciato sulla mia bike lungo il Burke-Gilman Trail e il Sammamish River Trail. Il percorso era particolarmente affollato, sembrava di correre su una specie di autostrada per bici e pedoni.



I parchi sulle rive del lago Washington pullulavano di gente in costume che prendeva il sole, bimbi che giocavano, cani che si rincorrevano... La tipica smania di arrivare presto all'estate che ti coglie alle prime avvisaglie di bel tempo. E io ho potuto godere delle bellezze naturali della primavera seattlese!


Dopo circa 35 km, superata Redmond, sono arrivato al Marymoor Park, un complesso enorme di spazi verdi, aree attrezzate e campi da gioco per più o meno tutti gli sport immaginabili, nonché una serie di sculture molto carine sparse qua e là.




Mi sono sistemato sotto un gazebo e ho banchettato coi miei bei panini. La compagnia inizialmente non era esltante, perché è arrivata una signora credo quasi centenaria con la sua badante (che per la verità non è che fosse granché più giovane) e hanno discusso tutto il tempo di malattie rare... Per fortuna dopo si è aggiunta una famiglia di andini molto simpatici.
Dopo pranzo mi sono allungato per una mezz'oretta sulla panchina per recuperare un po' di energie e poi di nuovo in marcia verso casa. Sono rientrato ormai a sera inoltrata e mi sono subito rifocillato con una cena supersostanziosa. 200 grammi di spaghetti alla carbonara e, per dessert, fragole con la crema, il tutto col sottofondo di "Fracchia, la belva umana".


Beh, mi ritengo soddisfatto!

mercoledì 9 aprile 2008

CHI NON VOTA HA SEMPRE TORTO


Per evidenti impedimenti "logistici" non voterò alle elezioni del 13 e 14 aprile. Vivo con nervosismo l'astensione forzata da un diritto/dovere che invece avrei tutto l'interesse e la volontà di esercitare. La mia frustrazione è tantopiù accresciuta dalle numerose voci che mi sono giunte nelle ultime settimane da amici e conoscenti che, pur avendo il seggio a pochi passi da casa, non andranno a votare perché "la politica fa schifo", "in ogni caso le cose continueranno ad andare sempre peggio", "tanto l'esito è già scontato" oppure, peggio ancora, "un politico vale l'altro".

Eccetto qualche considerazione perlopiù folkloristica sulle primarie americane, finora mi sono guardato bene dal discutere di politica su questo blog, non perché l'argomento non mi interessi, ma perché si tratta di un soggetto sul quale (purtroppo) di rado la gente è disposta a mettere in gioco criticamente le proprie posizioni. Non intendo infrangere il tabù questa volta, nel senso che, per quanto abbia un'idea precisa su quello che mi piacerebbe fosse l'esito delle prossime elezioni, non mi metto certo a suggerire indicazioni di voto o a fare campagna elettorale per l'uno o l'altro candidato. Voglio però spendere due parole contro il trend beppegrilliano del qualunquismo che tanti adepti sta facendo tra gli italiani. La questione è complessa e credo che pochi sarebbero interessati a leggere le mie disquisizioni in merito, per cui mi limito a prendere a prestito uno slogan che ho letto qualche giorno fa e che potrebbe sintetizzare il messaggio di questo post: la cattiva politica si caccia via con la buona politica, non con l'antipolitica.

A presto!